Prima di diventare monumentali, le sculture di René Mayer nascono nel palmo della sua mano. Non è nel marmo o nel granito che modella per la prima volta le sue forme, ma in un materiale morbido, caldo e organico: la terracotta. È l’argilla che cattura il primo respiro dell’opera, il primo movimento, il primo impulso. Nel suo studio, Mayer modella l’argilla con un’attenzione intensa, quasi meditativa. Modella, raschia, aggiusta. Cerca un equilibrio tra tensione e stabilità, tra peso e leggerezza. E solo una volta trovato, può iniziare l’avventura nella pietra.

La terracotta è molto più di un semplice strumento di lavoro: è al centro del suo approccio artistico.
Rappresenta il legame tra idea e materiale, tra intuizione e forma. Permette all’artista di esplorare liberamente, di sperimentare senza vincoli. Può creare, cancellare e ricominciare. È in questo dialogo tra la mano, l’argilla e l’occhio che si forgiano i volumi che poi diventeranno sculture in pietra, piene di significato e simbolismo.

Terracotta: la chiave dell’espressione scultorea

Si potrebbe pensare che la terracotta sia solo una fase di transizione, uno strumento di lavoro prima della “cosa vera”. Sarebbe un errore. Per René Mayer, questo materiale svolge un ruolo centrale. Permette una libertà che la pietra non ha: un movimento può essere alterato con un semplice gesto, una linea affinata con un polpastrello, una silhouette rielaborata senza conseguenze irreversibili.

Questa è la bellezza di questo metodo: la terracotta diventa il palcoscenico per la nascita della forma.
Tutto è possibile. L’artista non cerca la finitura perfetta, ma la giusta espressione. Non è un caso che molte delle sue sculture, anche quelle ingrandite, conservino l’impronta della modellazione originale. La mano rimane visibile, anche nella pietra.

Questo processo gli permette di mantenere una coerenza formale e simbolica, dal primo gesto all’opera finita. L’obiettivo non è semplicemente produrre un oggetto, ma trasmettere energia, significato e intenzione. E per questo, la terracotta rimane insostituibile.

Un’antica tradizione attualizzata

L’approccio di René Mayer non è solo contemporaneo. Attinge anche a una tradizione ancestrale che risale al Rinascimento e oltre. Modellare in argilla, gesso o cera, per poi trasporre in pietra o bronzo, è un metodo adottato da molti artisti importanti nel corso dei secoli.

Seguendo questo percorso, René Mayer onora la storia della scultura, pur affermando la sua singolarità.

Un dialogo tra mano, materiale e pensiero

Ciò che distingue René Mayer è la sua capacità di combinare la spontaneità della modellazione con una visione formale rigorosa. Le sue opere non sono mai aneddotiche. Mettono in discussione il nostro rapporto con il corpo, con lo sguardo, con il desiderio e con il legame tra le persone.

Alcune figure hanno due volti, rivolti in direzioni opposte. Altre assumono la forma di busti con organi stilizzati, o anche un semplice occhio, collocato dove ci si aspetterebbe una testa. Non ci sono abbellimenti o superfluità: ogni elemento è ridotto all’essenziale. Si percepisce l’influenza dell’arte africana tradizionale, ma anche quella del design contemporaneo. Il risultato è un’estetica potente, tesa e silenziosa.

E tutto inizia con la terracotta, il materiale modesto che permette a Mayer di esplorare, condensare e sintetizzare.

Quando la terra diventa pietra: il ruolo dei laboratori

Una volta trovata la forma, il lavoro passa a un’altra dimensione. René Mayer lavora con laboratori specializzati nella scultura in marmo e granito. Si tratta di artigiani esperti che hanno imparato a conoscere gli strumenti e i vincoli del materiale. Ma non sono soli: Mayer supervisiona ogni fase. Controlla, corregge, esige. Si assicura che lo spirito originale, nato nella terracotta, sia ancora percepibile nella pietra.

Il passaggio dall’argilla al marmo non diluisce l’intenzione, ma la ancorano.
Questo processo consente a Mayer di produrre opere monumentali senza abbandonare l’energia del gesto iniziale. Conferisce alle sue sculture una doppia natura: allo stesso tempo libera e controllata, sensibile e duratura.

Un materiale fragile per un lavoro duraturo

Questo paradosso è al centro del suo lavoro: utilizzare un materiale fragile per esprimere un’idea duratura. La terracotta non è destinata a durare nel tempo, ma a far emergere ciò che è essenziale. Il marmo, invece, è lì per sopravvivere ai secoli. Una dà forma, l’altra dà longevità.

Ma in entrambi i casi, il lavoro è lo stesso: un’esplorazione della presenza umana, dell’alterità, del desiderio e dell’identità. Che sia modellata in argilla o scolpita nella pietra, la scultura di René Mayer parla sempre della stessa cosa: noi.

Conclusione: un lavoro radicato nella storia e che guarda al futuro

La terracotta al centro delle sculture di René Mayer non è uno slogan, è una realtà artistica. È una scelta metodologica, estetica e quasi filosofica. Partendo dall’argilla, Mayer afferma che la mano dell’artista rimane essenziale, anche in un’epoca satura di tecnologia.

Ci ricorda che il contatto diretto con la materia, la modellazione lenta e l’esplorazione paziente sono ancora oggi le basi della creazione.
E che questa tradizione, lungi dall’essere superata, può continuare a produrre opere potenti, contemporanee e indimenticabili.

Attraverso il suo approccio, René Mayer tesse un legame tra gli antichi maestri e le pratiche contemporanee. Dimostra che l ‘emozione può nascere in un pezzo di argilla e sopravvivere in un blocco di granito.